27 Maggio 2022 -

NOSTALGIA (2022)
di Mario Martone

È probabilmente un iniziale afflato autobiografico ad aver avvicinato Mario Martone al romanzo postumo Nostalgia di Ermanno Rea. La nostalgia appare innanzitutto quella di Martone stesso, tornato negli ultimi anni a sfornare film a ritmi sostenuti con costanti e profonde radici nel contesto partenopeo. Se però Capri-Revolution (2018) e Qui rido io (2021) evocavano la Napoli storica (e i suoi dintorni) e Il sindaco del rione Sanità (2019) si stringeva fortemente alla tradizione letteraria e artistica più alta e più classica della città, con Nostalgia il discorso torna a farsi più intimo. In realtà quella degli ultimi anni martoniani appare una graduale manovra di avvicinamento alla Napoli esperita nel proprio vissuto, un progressivo ritorno, dopo aver attraversato lo schermo della Storia, della Letteratura e dell’Arte, verso il confronto con se stesso. L’afflato di congenialità ha poi trovato una propria forma distanziata e raffreddata nel tessuto narrativo di un romanzo preesistente. La nostalgia resta un sentimento intimo, personale e profondo, che trova voce nella vicenda di un tal Felice Lasco, reso estraneo a Napoli non soltanto dalla distanza geografica ma anche da una vera e propria riplasmazione culturale. Il ricordo di L’amore molesto (1995), al momento uno degli apici della produzione cinematografica di Martone e a sua volta prodotto di una schermatura letteraria tramite il romanzo di Elena Ferrante, è praticamente immediato. Felice Lasco è una nuova Delia, richiamato in città dopo quarant’anni per fare i conti con un lontano passato. È anzi un rilancio ancor più radicale della tormentata Delia di ventisei anni fa. Trasferitosi in Libano e poi in Egitto al seguito di uno zio per rifarsi una nuova vita, Felice ha perso la lingua partenopea, ha preso le distanze dai bassi e dal rione Sanità dove si è svolta la sua giovanile esistenza, si è creato una posizione solida e fortunata. A richiamarlo a Napoli è la nostalgia della madre, ma anche un lontano crimine che ha segnato in modo diverso il suo destino e quello dell’amico del cuore, un tal Oreste ormai attempato che si atteggia a boss violento e prevaricatore del quartiere.
Nostalgia è un film che vive di dicotomie. I frequenti frammenti di macchina a mano colgono tracce sparse di una città multietnica, brulicante nei quartieri poveri e al contempo linda ed elegante negli agenti immobiliari e nei vecchi bassi ristrutturati. È una città alta e bassa, fortemente sviluppata verso il cielo, tutta un faticoso saliscendi. È una città che in parte non si arrende, ma al contempo contiene ancora figure di lavoranti di una volta che ce l’hanno coi “comunisti”, generica etichetta di un progresso che ha imposto condizioni migliori di lavoro riducendo, secondo un distorto convincimento, le possibilità di profitti ed entrate economiche. Meglio lavorare a dieci anni in mezzo agli effluvi tossici della colla, sosterrebbe qualcuno. Qui è rimasto tutto uguale, racconta Felice alla compagna lontana, sorprendendosene. In realtà i tentativi di rilancio ci sono, ma sembrano anche una violenza perpetrata ai danni del cuore più pulsante della città – da un lato lo skyline del Centro Direzionale, dall’altro i palazzi di una volta srotolati su per i vicoli e le strade irte, costruiti con altezze vertiginose, decadenti e immobili nel tempo.

La dicotomia sta anche tra la Napoli legalitaria e la Napoli criminale, una vicina di casa dell’altra. Secondo tale logica pure il benessere si divarica in due dimensioni antitetiche. La tracotanza moderna e danarosa di chi può comprare appartamenti, e il profitto acquisito con il crimine, la violenza e la prevaricazione. A fare da trait d’union in questo contesto così complesso si delinea in Nostalgia una figura di sacerdote, dedito nel rione Sanità al recupero dei giovani dai rischiosi deragliamenti verso la criminalità. Martone sembra tenere presenti alcuni riferimenti forti nella cronaca vera, evocando realtà al momento meritoriamente impegnate nella riqualificazione socio-culturale di risorse dimenticate – un esempio per tutti, la riapertura delle catacombe di Napoli è avvenuta proprio come si narra nel film grazie anche al coinvolgimento dei giovani. Da un lato si crea lavoro e ci si tiene distanti dal crimine, dall’altro si dà un contributo a far rinascere la città. La dicotomia, poi, è introiettata nel personaggio di Felice, napoletano non più napoletano ma ancora napoletano, che risale il proprio vissuto prendendo le mosse proprio dal rapporto con la madre, il primo, mitico e ancestrale rapporto che riguarda ciascuno di noi. È un tentativo di globale riconciliazione, che nel caso di Nostalgia si risolve in uno scacco e una sconfitta inevitabili. Ondivago e frammentario nella narrazione, il film che dopo più di un decennio di prime veneziane segna il ritorno di Martone sulla Croisette e nel concorso principale di Cannes sceglie una struttura libera, che tuttavia conserva a briglia corta il passo di una tragedia sottovoce. Desideroso di ricucire gli strappi con tutto e tutti, Felice è tormentato dal ricordo di Oreste e dal crimine che li ha visti coinvolti insieme da ragazzi. Desiderio di espiazione, forse, imposto però da un impianto psicologico fondato sul ricatto emotivo. Se mi vuoi bene, me ne devi volere in tutto, pure nel crimine. Dal nucleo intimo del confronto di un protagonista davanti a se stesso, Nostalgia si espande in realtà ad allegoria storico-culturale di una città dilaniata da due identità. Felice e Oreste, l’onesto e il criminale. Al fondo del tormento di Felice sembra risuonare un invincibile senso di colpa per essersi sbarazzato di una vita difficile. Andarsene via è coraggio o viltà? È egoismo o sacrosanta autoconservazione? La cattiva coscienza trova il suo perfetto contraltare nel personaggio di don Luigi, rimasto a Napoli a sporcarsi le mani con la battaglia quotidiana per un contesto sociale più giusto e non violento. Nostalgia alterna lunghi brani animati da un sincero sentimento di progressismo e positiva fiducia, dedicati a una cronaca minuziosa di una città che non si arrende, a un’atmosfera più generale di cupa tragedia individuale e collettiva. La lenta ricerca del passato culmina poi nella grande scena del confronto tra Felice e Oreste, sequenza fortemente martoniana, memore dei tanti confronti laceranti di cui è punteggiato L’amore molesto nel pedinare Delia in mezzo ai fantasmi del proprio lontano vissuto. Felice chiede scusa, chiede perdono soltanto per aver commesso il peccato mortale di aver desiderato la propria felicità. È il cuore più sincero di Napoli, così spontaneamente collettivo, generoso e anti-individuale (il tuo dolore è il mio; la tua sciagura è anche la mia; se sei amico devo aiutarti come posso, finché posso, e anche oltre) da cedere con estrema facilità al ricatto dell’emotività. In fin dei conti, se Felice è riuscito ad avere una buona vita e Oreste si è trasformato in un mostro decadente e minaccioso rinchiuso tra quattro pareti, è solo frutto di un caso. I due ruoli avrebbero potuto invertirsi in un attimo, nel volgere di una culla fortunata. È un cuore sincero e inclusivo, e anche terribilmente ambivalente. Un cuore che ama e che ricatta, e che se è tradito, lo è per sempre. Solo in quel momento Felice può recuperare il dialetto. Solo lì, in quel lacerante confronto a due, dove si assiste a un pezzo di bravura registica e attoriale di rara preziosità – Pierfrancesco Favino è protagonista di una prova davvero ammirevole, ma Tommaso Ragno rischia di rubargli il film in dieci minuti.
Con le apparenze di un dramma chiuso nella sfera intima e individuale, Nostalgia rivela in realtà una struttura ampia, complessa e stratificata, capace di risalire alle radici più profonde di una tragedia culturale che sembra priva di qualsiasi soluzione. Il nodo della tragedia, per l’appunto, che non si può sciogliere, che può trovare una via d’uscita solo nella morte. Tra la vita e la morte, del resto, non c’è che una svolta diversa in mezzo ai vicoli – splendida la sequenza finale. Come il conseguimento di una vita fortunata è un puro caso, così anche la morte può arrivare o meno in una dimensione totalmente aleatoria. Un cuore ricattatorio è anche profondamente ingiusto, stuzzica immotivati sensi di colpa esattamente dove sa che può trovarli. E decide sul momento, arbitrariamente, del destino altrui, dopo averci ingannato per l’ultima volta.

Massimiliano Schiavoni

Si comunica che il film NOSTALGIA di Mario Martone distribuito da MEDUSA FILM, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani SNCCI.
Motivazione:
“Traducendo liberamente l’omonimo romanzo di Ermanno Rea, Mario Martone conclude la sua nuova trilogia napoletana con un viaggio al centro più stratificato della sua città. La regia fa propria la lezione del noir insieme a quella del cinema del reale per pedinare il misterioso protagonista che ritorna nelle viscere del suo rione Sanità, un vero e proprio labirinto, costruito verticalmente, con il suo Minotauro. C’è dunque il passato e c’è il presente, la vita e la morte. Ma c’è anche una resurrezione (in musica)”.
“Nostalgia” (2022)
117 min | Drama | Italy / France
Regista Mario Martone
Sceneggiatori Ermanno Rea, Mario Martone, Ippolita Di Majo
Attori principali Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno
IMDb Rating N/A

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