26 Novembre 2019 -

THE PROJECTIONIST (2019)
di Abel Ferrara

È prima di tutto la ricerca di una lama di luce che ancora riesca a squarciare il buio della sala, The Projectionist. Forse l’ultimo bagliore di un mondo di passione e condivisione che si sta inesorabilmente estinguendo, soffocato dalla gentrificazione delle città e dalle logiche egemoniche e fagocitanti delle sempre più avide potenze politiche, economiche e culturali. Un mondo di integrazione, incontro e scambio in costante e sempre più dura lotta per la sua stessa sopravvivenza, che nella sua ostinata indipendenza rimane orgogliosamente ancorato al passato dei rampanti anni Settanta mentre continuamente, giorno dopo giorno, guarda al futuro e alle novità da continuare a mostrare nelle migliori condizioni possibili, in sale splendidamente restaurate riportandole a come erano originariamente negli anni Venti o Trenta della costruzione. Un mondo, quello dell’esperienza cinematografica, della forza sempre rivoluzionaria di un cinema che riflette nel buio le luci e le ferite della realtà, che Abel Ferrara continua ad amare e che con il suo lavoro da sempre troppo estremo per piacere al sistema ha contribuito in prima persona a costruire, ben prima della notorietà e del suo tutto sommato recente trasferimento a Roma a cambiare vita dopo gli abusi newyorkesi, prima con i suoi esordi pornografici e poi con la sua exploitation indipendente. Girando (in) quella New York sporca eppure viva da sempre (s)oggetto del suo cinema, una New York edonista e oscura, criminale, pericolosa, eppure seducente, brillante, brulicante di talenti e di avanguardie. La New York dei Grindhouse e della Blaxploitation, la New York dei locali di spogliarello e dei cinema a luci rosse, la New York di Taxi driver non certo per caso citato fra i numerosi inserti. La New York di The driller killer, la New York di Ms.45, e forse ancor di più la New York di 9 Lives in a wet pussy. La stessa New York in cui Nick Nicolaou, immigrato cipriota che negli stessi anni ha costruito una carriera di sala fino a diventare proprietario degli ultimi tre cinema indipendenti rimasti in città, muoveva i suoi primi passi prima come maschera, poi come direttore di sala e infine nel ruolo di general manager di un intero arcipelago di sale, equamente divise fra sperimentali e pornografiche.
Fino al definitivo salto a esercente ostinato e sognatore, feroce difensore del medium e della possibilità di fruirne generazione dopo generazione di fronte allo stesso schermo e sulle stesse poltrone che per 90 anni sono state quelle di tutta la famiglia, disposto a rimanere in causa 7 anni con le major senza prime visioni per poi essere «salvato da American Sniper», che la Fox fu di fatto obbligata a concedere anche agli indipendenti. Un capace imprenditore intelligente e appassionato, che conosce i mercati, il sistema e il cinema, che di certo non disdegna gli incassi e che proprio per questo riesce a sopravvivere fra gli «squali multimiliardari», ma al contempo ancora l’incallito cinefilo ancora pronto a sciogliersi nella più genuina emozione quando vede la sala piena e soddisfatta, che si diverte, che si gode il film. Ancora con quell’amore più bruciante e primigenio verso le immagini in movimento che, sin da bambino, lo avevano folgorato al momento del suo primo ingresso in quel cinema di Limassol che è oramai spazio multifunzionale e sorta di museo di locandine. Ancora con quell’amore verso l’irrinunciabile ritualità della visione collettiva su grande schermo che sempre più l’impero Disney/Marvel e ancor di più i servizi streaming, nemici costantemente evocati nei paralleli con le major degli anni Ottanta e Novanta ma mai direttamente citati, stanno rischiando (o forse sarebbe meglio dire cercando) di far chiudere per sempre. Ma non c’è alcuna agiografia negli intenti di Ferrara, né alcuna semplice cronaca dei fatti in quelli di Nicolaou. C’è una riflessione ben precisa, c’è un ragionare sul cambio dei tempi e delle abitudini, sulla centralità culturale dei luoghi di incontro, sulla gloria del passato in cui sopravvivere all’appiattimento del presente. C’è la testimonianza di una transizione che non si sa dove porterà, quello che è certo è che bisogna resistere il più possibile con tutto l’eroismo degli antieroi. Per mantenere una promessa, per mantenere vivo un luogo storico, per continuare a mostrare i film alla gente e a vederla felice. Passando – perché no? – per il lato guascone, simpatico e loquace, di un (ormai ex, ma per sempre) proiezionista da sempre pronto a scherzare con i colleghi diventati negli anni suoi dipendenti. E con gli amici, ovviamente.

Perché The Projectionist, nella sua classica forma documentario, è anche e forse soprattutto il racconto di un’amicizia, di un viaggiare insieme e ritrovarsi da amici di famiglia (con tanto di immancabili moglie e figlioletta al seguito di Ferrara e sposa cipriota di Nicolaou pronta ad accoglierli e a cucinare per tutti) in diverse parti del mondo, di una passione condivisa dai diversi lati della barricata/mdp/sala/cabina di proiezione. Sono Abel Ferrara e Nick Nicolaou assieme, di casa eppure apolidi a Cipro, in Grecia e nei multisala americani, in un cammino a ritroso di quasi cinquant’anni per ritrovare quel che resta di quello spirito, di quell’esaltazione, di quel(l’ir)ripetibile ambiente culturale. Di quella purezza anche nel lerciume e nell’immoralità, di quella genuinità rapida e decisa nella passione che, ben prima delle forbici censorie di Rudy Giuliani, da una parte ispirò e rese possibile la New Hollywood, e dall’altra permise la diffusione del New American Cinema. Una passione che in qualche modo sopravvive e si rilancia in quelle file di ragazzi intervistati da Ferrara in una delle rare apparizioni in campo che ancora oggi (ma forse purtroppo solo a New York, con la sua tradizione cinematografica indissolubilmente radicata e con i suoi otto milioni di abitanti pronti a darsi il cambio) subito dopo scuola raccontano ai genitori la balla di essere a studiare da un amico a caso per correre invece a immergersi nel buio del primo spettacolo. E il racconto di vita in prima persona dell’imprenditore cipriota perfettamente integrato a New York diventa così il filo conduttore con cui passare fisicamente dai cinema ormai per sempre chiusi e convertiti in altro, fra luoghi e memorie come testimonianze del progressivo e ormai (in)controvertibile distacco fra la modernità della sala e la modernità del mondo, fra la liturgia della visione e la società. E sulla sala come luogo che va ben oltre i film che presenta, ma come servizio alla città e imprescindibile occasione di incontro e di discussione, di innamoramento e di aggregazione sociale, tanto tempio culturale in cui praticare, concentrati di fronte allo schermo, il culto per l’arte, quanto luogo storico, comodo e accogliente, nel quale rilassarsi un paio d’ore.
«Avremo problemi nei prossimi 5 anni», tuona preoccupato uno schermo, mentre Ferrara ride: «Fai anche nei prossimi 35». Presentato in prima italiana al Torino Film Festival dopo gli applausi del Tribeca, The Projectionist è l’ennesimo film di vita/morte/chiusura/tempo/bilancio/(ri)apertura e malinconia cinematografica di questo 2019, fra il Tarantino di Once upon a time… in Hollywood e lo Scorsese di The Irishman, fra il Thomas Heise di Heimat is a space in time e l’Albert Serra di Liberté, fra l’Alain Cavalier di Être vivant et le savoir e lo stesso Ferrara di Tommaso, passando per Frank Beauvais di Ne croyez surtout pas que je hurle e persino per Bruce Springsteen all’esordio cinematografico con Western stars. Ma qui, più ancora che altrove, c’è speranza, c’è resistenza, c’è fiducia. Ci sono il Village di Manhattan, l’Alpine di Bay Ridge e il Cinemart di Forest Hills che tengono duro, fino a diventare simbolo di una tradizione che alla gentrificazione più fagocitante di sale ipermoderne e tutte uguali risponde con prezzi più bassi e servizi sempre migliori, sedute più comode, buone proiezioni, buon audio, e soprattutto clienti interessati e affezionati, che ancora preferiscono un luogo antico e tradizionale con una storia ben precisa alle poltrone reclinabili e ai servizi ristorazioni tutti uguali delle maggiori catene. Fra prime visioni e storia del cinema, fra Il fiore delle mille e una notte di Pasolini e i porno (molto spesso gay) senza i cui utili i cinema sperimentali e d’autore non sarebbero mai potuti sopravvivere, fra Melvin Van Peebles e Bruce Lee, fra la Balada triste de Trompeta e gli spezzoni del giovanissimo Ferrara serial killer col trapano in The driller killer, che accompagnano i racconti di Nick Nicolaou orgoglioso di far parte di uno fra quei film d’autore che per tutta la vita ha combattuto per far vedere. Magari, per non rimetterci troppo, chiedendo talvolta qualche soldo alle produzioni per permettere la presentazione e la prima circuitazione di film altrimenti invisibili, ma sempre, in ogni sua tappa lavorativa, in ogni suo ruolo e in ogni proiezione, trattando con lo stesso rispetto e offrendo gli stessi comfort a chiunque assistesse allo spettacolo, dal bambino al pornofilo, dall’autore all’appassionato, dal critico allo spettatore che cerca puro e semplice intrattenimento. Quello che conta è entrare in sala, partecipare alla liturgia del guardare insieme, e forse non è casuale che a un film così piccolo e sublime come The Projectionist sia seguito un anno di straordinaria ispirazione e di insolita prolificità, in cui oltre a essersi messo a nudo (e in croce) nel corpo di Willem Defoe nel magnifico Tommaso Abel Ferrara ha già girato ed è attualmente al lavoro per completare la post-produzione del prossimo Siberia, ambizioso progetto di lungo corso finalmente pronto a vedere la luce. È il suo sentito e doveroso inno al rito e alla sacralità della proiezione cinematografica, all’esperienza (sempre meno) popolare e condivisa di un sogno in cui immergersi nel buio, all’amicizia, al viaggio e alla lama di luce – meccanica e umana, di una cultura che si riscopre ancora viva – che questo buio ancora in qualche modo lo squarcia. La luce di tutti, il faro a ventiquattro fotogrammi al secondo nella notte della passione. Non possiamo lasciare che venga spento.

Marco Romagna

“The Projectionist” (2019)
N/A | Greece / USA
Regista Abel Ferrara
Sceneggiatori N/A
Attori principali Abel Ferrara, Nicolas Nicolaou
IMDb Rating N/A

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