22 Gennaio 2017 -

THE TEACHER – UNA LEZIONE DA NON DIMENTICARE (2016)
di Jan Hřebejk

C’è una sorta di filo invisibile che lega The Teacher, ultimo lavoro del regista ceco Jan Hřebejk presentato in apertura del 28mo Trieste Film Festival, a Bacalaureat del rumeno Cristian Mungiu, uscito in sala pochi mesi fa dopo il concorso di Cannes massacrato nel titolo italiano Un padre, una figlia. Quello che lega le due opere è un filo tematico, un filo concettuale, che in due contestualizzazioni completamente differenti – qui è la Cecoslovacchia degli anni Ottanta, ancora sotto il Patto di Varsavia ma ormai lontana da Mosca, nel film di Mungiu è la Romania contemporanea – riesce a racchiudere in ciò che gravita attorno ai banchi di scuola lo stesso dubbio etico e morale, lo stesso bivio fra la buona fede e l’opportunismo, lo stesso dramma che ogni genitore può doversi ritrovare ad affrontare: qual è il meglio per i figli? Il buon voto anche a costo di clientelismi o la rettitudine anche a costo di ingiustizie? Contano di più i valori o la convenienza? Il risultato o il percorso? Dove nella pellicola di Mungiu era stato un trauma a condizionare il rendimento scolastico fino a quel momento ottimo della giovane protagonista, portando il padre a cercare vie alternative per non compromettere anni e anni di studi e il conseguente accesso alle migliori università con un voto finale non all’altezza, The Teacher si concentra invece sulla marcescenza di un sistema, quello degli ultimi vagiti del Patto di Varsavia prima della caduta del Muro e della scissione fra Repubblica Ceca e Slovacchia, prendendo spunto dalla storia vera della professoressa Drazdechová, rappresentante del Partito nella Bratislava del tempo che fu accusata di scambiare buoni e cattivi voti con favori da parte degli studenti e dei loro genitori. In scena viene messo un intero mondo di clientelismo e opportunismo, di silenzi e di concussioni, di minacce e di piccole e grandi vendette trasversali, fino all’orlo della tragedia.

Siamo lontani anni luce dall’ironia sorniona del primo ingresso al Liceo Classico di Ovosodo, nel quale i patronimici erano utilizzati per stabilire sin dal primo appello la classe sociale degli allievi; alla professoressa Drazdechová, dal primo “Buongiorno” in classe con l’appello chiedendo quale fosse la professione dei genitori, non importa se gli alunni siano figli di medici o di idraulici, importa solo come potersene servire per avere qualche favore. Magari innocente, come un taglio di capelli o qualcosa da mangiare, a volte illegale come il contrabbando di una torta tramite chi lavora in aeroporto – e se questo è un contabile e non ha rapporti con il personale di volo, sua figlia sarà destinata a “peggiorare drasticamente il proprio rendimento” e a essere falsamente additata, fra la cattiveria di rimbalzo degli altri bambini, come “la meno intelligente della classe”. Eppure, in una società pre-caduta del Muro in cui chiamarsi “Compagni” appariva già desueto, nemmeno la verità è assoluta, nulla è lampante come sembra: Jan Hřebejk mantiene intelligentemente un tono sempre pronto a sfumare nel dilemma etico, dei personaggi in scena, del regista e anche dello spettatore. Tenendo conto della complessità storica, fa in modo che ognuno possa spiegare le sue ragioni, e rimane attento a non giustificare la “perfida” protagonista ma nemmeno a costruirle sopra un atto d’accusa, lasciando che sia lo spettatore a valutare secondo coscienza la gravità effettiva delle sue azioni e la tenuta (im)morale o meno delle sue ragioni. La teacher del titolo viene rappresentata sin da subito come un’opportunista sfacciata e manipolatrice, pronta a cercare di sfruttare la propria posizione a costo di umiliazioni pubbliche e palesi ingiustizie per le proprie “vittime”, ma anche come una donna sola e funestata da una vita ingiusta, che cerca semplicemente di arrangiarsi in una società nella quale nessuno, né il ricercatore costretto a vedere la moglie partire per la Svezia per poter proseguire il loro lavoro, né chi è stato in carcere per aver semplicemente difeso la propria compagna da un attacco e sarà bollato a vita come un bruto violento e ignorante, né chi ha dovuto abbandonare la propria professione per problemi di famiglia, né tanto meno un’insegnante vedova e un po’ furbetta i cui (pochi) oppositori sono effettivamente molto spesso ragazzi indisciplinati, potevano certo dirsi soddisfatti.

Hřebejk, prima alternando in montaggio i ragazzi in classe con i loro genitori che occuperanno gli stessi banchi, poi giocando con il tempo e costruendo la narrazione sui flashback/testimonianza di chi accusa e di chi difende l’insegnante, mette in scena un vero e proprio processo notturno in contumacia, nel quale i genitori di un’alunna danneggiata fino al tentativo di suicidio cercano insieme alla preside e alla sua vice, pronte a cercare la giustizia fino a rischiare le ire del Partito, firme sufficienti per poter allontanare la professoressa Drazdechová dall’insegnamento. Eppure, nella società cecoslovacca del tempo, dal rendimento scolastico di un figlio poteva dipendere la sua intera vita ancora più che adesso, e molti genitori, in cambio di una dritta su quale lezione far ripassare ai figli, erano disposti a tagliarle i capelli, farle la spesa, pulirle la casa. E difenderla ostinatamente, anche negando l’evidenza, anche minacciando querele per diffamazione verso chi semplicemente chiedeva di essere ascoltato, anche accettando il fatto che i successi scolastici “accomodati” dei figli nascondessero una preparazione nettamente inferiore rispetto a quelli che sgobbavano sotto altri insegnanti. Del resto, con la sola esclusione della bambina colpita per la torta mai spedita dal padre, capita spesso che i ragazzi ripresi fossero effettivamente distratti, arroganti, magari violenti e non certo semplicissimi da gestire. Fra i banchi, nei corridoi e nei bagni dell’istituto scolastico, The teacher mette in scena un intero sottobosco di allusioni, convenienze e connivenze, minacce più o meno velate e ribellioni più o meno sedate che si propagano parallele per due generazioni, ma anche gli inevitabili dilemmi etici e morali di fronte all’evidenza dei fatti. Ci sono le ammissioni e le bugie, ci sono i voltafaccia da ambo le parti, c’è la pressione di una società intera e di una bambina in terapia intensiva. C’è chi ha una professione rispettabile e non vuole rischiare di comprometterla per denunciare una rappresentante del Partito, c’è chi con enorme faccia di bronzo sostiene anche di fronte all’evidenza che i genitori dei figli danneggiati vogliano semplicemente coprire le mancanze della loro prole, c’è chi si alza e se ne va sdegnato, c’è chi vorrebbe firmare ma vede il proprio figlio effettivamente aiutato a causa di un’infatuazione della professoressa nei propri confronti e avrà la prova di aver davvero agito per il meglio solo nella coda al veleno che lei gli saprà riservare, per poi avere ulteriore conferma nella dolorosa ma necessaria separazione che porterà il figlio a importanti successi accademici in Svezia. E per tutti, o quasi, c’è soprattutto quel dubbio che ancora cova, cresce, attecchisce, vola alla mente e alle membra come un chicco nella tempesta, e si concretizza in una processione ancor più notturna per tornare sui propri passi, per tornare alla dignità umana e alla comprensione nei confronti dei problemi altrui mettendo una firma che ha il peso della giustizia, della necessità, della vita umana. Come un risveglio in terapia intensiva, come un sorriso, stavolta è andato tutto bene. Solo fino alla prossima puntata, però, perché non basta una denuncia, e probabilmente nemmeno la caduta di un Muro, per riparare le falle di un intero sistema andato in cancrena. E chi in questo sistema ha imparato a muoversi, vincerà quasi sempre. Purtroppo o per fortuna.

Marco Romagna

“The Teacher” (2016)
102 min | Comedy, Drama | Slovakia / Czech Republic
Regista Jan Hrebejk
Sceneggiatori Petr Jarchovský
Attori principali Zuzana Mauréry, Zuzana Konecná, Csongor Kassai, Tamara Fischer
IMDb Rating 7.5

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