8 Gennaio 2016 -

KOMMUNISTEN (2014)
di Jean Marie Straub

Film disponibile in streaming legale e gratuito su RaiPlay

Sembra un quadro così sdraiata, Danièle. National Gallery, ci sono stato un paio di volte, i quadri fiamminghi, anonimi. Danièle è come un quadro fiammingo. Fa così male perdere una persona che si ama, anche dopo solo qualche mese. Veder morire la persona con cui si è condivisa tutta la vita deve essere insopportabile. Viene meno tutto, quello su cui si è impostato un’esistenza crolla come quando cerchi di prendere tra due dita il tozzo di cenere caduto dalla punta della sigaretta. Svanisce ogni cosa. È qualche giorno che penso a lei. Non riesco a ricordare il suo volto, non ci sono mai riuscito in realtà, è una macchia evanescente di luce. Valeva la pena combattere per lei, ma solo per lei, tutto il resto è così incostante così sporco, così marcio. Alla lunga stanca combattere, probabilmente nemmeno lo abbiamo mai fatto. I partigiani, loro mica si sono stancati, non potevano. Nella paura si mostra il vero te stesso; Erik – Negro – dice che Bressane lo ripete spesso. È molto vero. Oggi la resistenza è più un fenomeno di costume, un fenomeno romantico. Dà un tono la resistenza. Mi posso bagnare le labbra con essa perché è inconsistente, nessuno può dirmi se ci rientro o meno. Non ha confini, non ha una forma riconoscibile. È come lei, non se ne ricorda il volto. Si sarebbe dovuto vivere quei tempi. Le città crollate, il nemico. Uniforme. Fucile. Svastica. Il passo di marcia, per le strade di Parigi. Roma, Anna fucilata. Veder morire qualcuno per una fucilata, questo dà consistenza. A quel partigiano portarono via l’amico. Si chiamava Ciacco, l’amico? Forse. La mascella rotta con un colpo del calcio del fucile. Chissà se mi toccasse vedere la morte di un mio amico, la faccia irriconoscibile. Ho sempre paura di non saper reagire a quelle situazioni, come anestetizzato. Mio nonno su un letto d’ospedale, annaspa mentre il cervello lo abbandona. Gli ultimi attimi di Jean Marie con Danièle, sa di un dolore che soffoca la gola, troppo forte. Come fa il cuore a non fermarsi, a non cedere in tutta quella tristezza. Una fitta, empatia? Suggestione. Danièle, questo film per lei. Sdraiata, poi il nero. “Dedicato a Danièle”. Che vuol dire, resistere per lei? Tutto è effimero senza lei? Due giorni di loro film a Roma. Fulvio e la resistenza, per lui sono Jean Marie e Danièle. Ma quelli che ridevano alla proiezione? Della Nube? Della Resistenza? Chissà se riderebbero se il loro simulacro li dicesse che quelli sono capolavori. La visione è un atto di costume. Resistere è perseverare nella visione, aspettare che il tempo passi. Il comunismo non è un’utopia, bisogna aspettare che il tempo passi. Jean Marie ci crede davvero, è fattibile, per lui, qualcosa di concreto. Ha lottato una vita per questo. Ma Danièle alla fine del film? Si combatte, si resiste, si è dalla parte giusta, ma questa sconfitta poi….. Danièle, Ed.

Ed – Pincus – era dall’altra parte dell’oceano, le sue mani tremavano. Fiori rossi. Alla fine usava il cavalletto, troppo pesante quella macchina a spalla per lui, troppo debole. Si resiste per perdere… Non si chiama James Franco l’attore di The Knick, no. Aspetta, Clive Owen, ecco. Pure lui lo diceva. Se non me l’avesse detto Erik, non avrei mai visto quella serie. Si resiste, non si sa bene cosa, contro del fumo senza forma, quindi chiunque può dire di resistere, nessuno può confutare. Si resiste, ma alla fine Danièle e Ed muoiono. Una vita ad amarsi. Chissà come dev’essere stato l’amore di Jean Marie. È un tipo granitico, non sembra esserci spazio per l’affetto in lui. Un amore rigido? Danièle alla fine del film. No, fosse stato un amore rigido, Danièle alla fine non ci sarebbe stata. Quella fine è il cuore che si ferma, il dolore troppo grande. Jean Marie ricorderà il viso di Danièle, i visi di Danièle, un viso diverso ogni giorno, linee che cambiano. Quella scena forse è per ricordarne il volto, forse la sua memoria fa già cilecca. Stupido. Danièle alla fine. Cambia tutto. Ci credevo davvero, andare nei luoghi, agire, archeologia dell’immagine per combattere. Fucili puntati, scariche di fotogrammi. Danièle. Torna da Danièle, ancora una volta, ancora un attimo, torna nei luoghi con quelle immagini. Chissà se Jean Marie tornerà mai su quel costone…. Ci saranno ancora quegli alberi? Quanto vivono le cellule di un albero? Le nostre vivono poco, tutto sommato. Tranne i neuroni, sono sempre gli stessi, durano una vita. Neuroni che muoiono e si rigenerano, ogni giorno una memoria nuova di zecca. Magari le cellule degli alberi sono come i neuroni. Hanno memoria di Danièle, sdraiata. C’era il sole quel giorno, la illuminava. Rimbalza la luce. Se le cellule di quel giorno sono ancora vive, hanno ancora un po’ di quella luce, un po’ di Danièle. Gli anelli degli alberi, pizze di pellicola. Fatti delle immagini assorbite dalla clorofilla. Non penso tornerà mai lassù, Jean Marie, troppo dolore; il cuore prima o poi si ferma.

La resistenza, già, ma alla fine c’è la nube, alla fine ci si fa i conti con tutto quello. Roberto, lui diceva che in tutti gli uomini alberga del misticismo, anche in noi che ci professiamo atei. Mi sta scomodo l’ateismo, preferisco la versione di Roberto. Rossellini, ovviamente, eterno punto di partenza e ritorno di ogni resistenza. Resistere però non ha una ricompensa, lo si fa per chi verrà, per lasciare la libertà a coloro che seguiranno. È sempre un dopo che non si può vedere, il fotogramma ancora da girare. Si cerca di morire liberi. Ma si muore comunque. In India la morte la si vive tutta in un altro modo. Come una porta, avevo letto. Quante cose vorrei girare in India, come Roberto. Gli elefanti hanno una memoria incredibile, ma nessuno può ricordarsi di Roberto, sono tutti morti ormai, troppa acqua sotto i ponti, troppo tempo. Resistere è lasciar passare il tempo; il troppo tempo uccide, però. Resistere forse è essere postumi. Welles e Ciro, anche loro. Alla fine di questa resistenza non ci sono più, Daniele, Ed, Roberto, Ciro. La resistenza non finisce, però, si perpetra, solo così è resistenza, altrimenti è atteggiamento. Non puoi crearla, bisogna ereditarla da qualcuno. È un patrimonio, un testimone. Vale quanto una casa, quanto le cassaforti nelle banche svizzere. Ma è fumosa, non puoi metterla su carta, nero su bianco. Avrei voluto lei diventasse la mia Danièle, contava solo lei, alla fine dei giochi. Jean Marie e Danièle lo hanno avuto un figlio? Non mi pare. Lei ora non c’è più, tocca resistere in nome di un volto futuro che non sarà mai. Fumo lei, fumo quel volto, fumo la resistenza. Come nebbia. La nube ad altezza del terreno. Superiori, il D’Oria. Da impazzire quel giorno, proprio non mi sovveniva la parola nebbia. A volte i neuroni fanno cilecca, magari come quelli di Jean Marie. Ma ora che Danièle non c’è più, ora che il volto diventa fumo, quello combatterà ancora? Penso di sì, è qualcosa di troppo importante, imprescindibile. Una vita costruita a resistere, un atto che va al di là di lui. Ma questo è l’occhio che guarda fuori. L’occhio che guarda dentro è un dolore che la notte riempe l’aria nei polmoni, e se non la butti fuori in fretta, entra in circolo col sangue e te la ritrovi a bruciare tutto il corpo, come la benzina. Danièle; non so dove cercarti, Danièle, è questo il problema. Se riuscissi ad arrivare a quello, a mostrare che la morte non è nulla, che è solo una porta e gli altri sono in un’altra stanza, gli striscioni appesi. Lo farei anche per lei, forse solo per lei; il suo dolore è così grande, il volto di sua zia è fumo, come il suo per me. Vorrei farle lasciare quel fardello, portarmelo io. No, ormai è troppo tardi, non le devo più nulla, non le posso più nulla. Manca qualcosa, non riesco ad afferrare. Vorrei parlare con Jean Marie. È come Mauro con Corso, mi sa che è così. Non è Kommunisten, quella è la scorza, è un “dove siamo stati”, dove siamo stati io e te, Danièle, con la nostra resistenza, la nostra azione, il nostro amore. Nei nostri luoghi. Una lettera d’amore, un ripassare per quei posti. “Per Danièle”. Mi sa che Jean Marie ci crede, crede davvero che il comunismo sia possibile, ma crede anche in questo messaggio, crede che Danièle lo possa vedere, possa guardare i luoghi in cui sono stati. Chissà se Jean Marie tornerà nei loro luoghi. Magari, da qualche parte, in qualche albero, Danièle la ritrova.

Maurizio Marras

“Kommunisten” (2014)
70 min | Drama | France / Switzerland
Regista Jean-Marie Straub
Sceneggiatori Franco Fortini (text "I cani del Sinai"), Friedrich Hölderlin (text "Der Tod des Empedokles"), André Malraux (text: "Le temps du mépris"), Elio Vittorini (text "Le donne di Messina")
Attori principali Franco Fortini, Danièle Huillet, Jean-Marie Straub
IMDb Rating 6.8

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