30 Marzo 2017 -

AMADEUS (1984)
di Miloš Forman

In un periodo nella storia del cinema americano in cui il film in costume stava lentamente scomparendo e James Ivory era l’unico vero creatore di grandi film appartenenti al genere, Amadeus è stato un capolavoro di ritorno, tanto necessario quanto inattuale. Correvano gli anni ’80, cominciava MTV, Forman aveva vinto l’Oscar alla miglior regia per Qualcuno volò sul nido del cuculo da quasi un decennio e nel frattempo aveva già girato altri due film di culto (Hair e Ragtime) e cominciava un’idea, quella di tramutare in cinema una piéce teatrale di 5 anni prima di Peter Shaffer basata sui fatti volontariamente fittizi riguardanti la rivalità tra due compositori della seconda metà del ‘700 nella Vienna imperiale; un’idea che sembrava un po’ come sparare alla croce rossa al botteghino, con una sceneggiatura curata dall’autore della piéce. Eppure, inaspettatamente per il regista ceco, questo costosissimo (per l’epoca) film in costume è stato premiato e apprezzato universalmente, diventando col passare degli anni davvero un film senza tempo, in cui una sceneggiatura drammatica e (in)credibile si sposa alla perfezione con un insieme impeccabile di meraviglie tecniche, tra le quali spicca certamente la fotografia di Miroslav Ondříček creata, come in Barry Lyndon (1975) di Kubrick, principalmente con luci naturali o, al massimo, luce di candela. Certo, non è un film perfetto al 100%: ha sicuramente il problema (onnipresente da sempre nel cinema americano, con poche eccezioni, e quindi ha poco senso non perdonarlo, soprattutto in film passati) della veridicità linguistica, visto che vi sono vari riferimenti allo scozzo tra il tedesco e l’italiano ma praticamente tutti i dialoghi – e anche alcune opere… – sono in inglese; a volte peraltro le inaccuratezze storiche possono far storcere il naso, tra la differenza di età tra Salieri e Mozart, i palesi artifizi ingannevoli del loro rapporto e magari un certo approccio plastico nel mostrare la messinscena delle opere di Mozart e Salieri sul palco teatrale. Ma tutto questo scompare di fronte alla potenza drammaturgica che Forman è riuscito a mettere in scena con tale maestria: e questo film classico intriso di musica classica è stato dunque perfetto per aprire, nella sua versione integrale di 3 ore, il Bergamo Film Meeting di quest’anno, cominciando una serie di proiezioni dedicate alla grandezza dell’autore della Nová vlna.

Ed è proprio dalla Nová vlna che nasce un motivo d’interesse importante dietro Amadeus: da dove può nascere la necessità di raccontare la personalità di Mozart, in un regista che è tra i principali innovatori di uno dei movimenti più liberi, anarchici e sperimentali di tutto il cinema europeo? Nella caratterizzazione del compositore austriaco si rivela parzialmente il collegamento nell’operazione tra i mondi della nouvelle vague cecoslovacca e i fasti della Vienna di Forman: il Mozart di Tom Hulce infatti è rappresentato come un bambino viziato, un ometto “osceno” che, tuttavia, possiede un dono, quello della composizione, ovvero quello della bellezza, che Salieri definisce “la voce di Dio”. Pur spocchioso, immodesto e infantile, Mozart è libero ed è in questa sua libertà che risiede la spaventosa bellezza che sembra portare Salieri a una sindrome di Stendhal talmente inaccettabile e tragica da trasformarsi in necessità distruttiva. In un certo senso, Forman con Amadeus si lega, attraverso la lente deformante di una storia/Storia che nulla ha a che fare con la sua formazione artistica, a un conflitto etico e morale tra due vite, due posizioni, due lingue, due uomini, volti, sguardi, bocche, menti, cuori, con una cosa sola in comune: la passione per questa bellezza e la necessità di costruirla e amarla. Tom Hulce e F. Murray Abraham costituiscono un duo di attori perfetto per questo doppio ruolo, con il primo che gigioneggia a sfare con un’assillante ed enfatica risata pagliaccesca dal sapore agrodolce e il secondo che invece, pacatissimo, incrocia teatralmente i propri deliri con una sincera, possente umanità. È uno dei trucchi più belli della recitazione al cinema, quello di usare due protagonisti (o antagonisti) le cui performance davanti alla macchina da presa differiscono completamente per tono e insistenza: Kyle MacLachlan e Dennis Hopper in Velluto Blu, Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffmann in The Master, Toshiro Mifune e Lee Marvin in Duello nel Pacifico, Brad Pitt e Edward Norton in Fight Club, Harvey Keitel e Robert De Niro in Mean Streets, e innumerevoli altri. La costante di questi film è sempre lo scozzo tra le due figure, tra i due metodi di recitazione, tra le due psicologie, tra buono e cattivo, esplicito e implicito, eccessivo e pio, passionale e represso, schizofrenico e razionale. E in Amadeus si ha uno degli esempi più splendidi di uno scontro di questo tipo, semplicemente perché non c’è un approccio davvero razionale nel delineare i due personaggi, perché entrambi hanno uno sviluppo parabolico negli occhi dello spettatore. Infatti, ci troviamo all’inizio a vedere Mozart principalmente come un insopportabile idiota con un dono fuori dal comune, e si simpatizza con la lotta incongruente che Salieri sembra instaurare contro di lui; ma con la crescita della tragedia nella figura stessa di Mozart (la sua libertà, i suoi amori, i suoi lutti) la situazione cambia drasticamente, ed è Salieri a diventare una figura demoniaca e vendicativa in maniera insopportabile, sin da quando chiede alla moglie di Amadeus di venire a casa sua per un amplesso ma finisce solo per umiliarla di fronte ai suoi servi. La grandezza di questo cast sublime non si ferma solo ai due protagonisti ma si estende su tutti i comprimari, dai personaggi comunque di spicco (la moglie di Mozart e l’Imperatore) fino a chi invece appare per pochissimi minuti, costruendo una galleria di volti che, stranamente, con la resa grottesca delle espressioni facciali, dà al tutto un realismo folle e sfarzoso fortemente emotivo, sia negli occhi che nei colori, sia nelle musiche esplosive sia nei brevi e intensi silenzi.

Passando dal pacifismo psichedelico del musical Hair al Don Giovanni, Forman dunque ha dato un’idea imprevedibile delle forme della libertà attraverso la musica e il cuore di fronte ai dilemmi etici e alle ingiustizie disperate del mondo, e tutto ciò attraverso il cinema americano, un cinema più quadrato e sobrio rispetto alle correnti rivoluzionarie a cui il regista era appartenuto in gioventù. Guardando Amadeus l’impressione generale che si ottiene è quella di un film elegante e geniale, emozionante e costruito alla perfezione, musicale e magicamente tragico. Tra un uso sapiente (e come potrebbe essere altrimenti…) delle musiche di Mozart e una grande intelligenza nello sfruttare gli spazi sempre in movimento del suo ‘700, Amadeus ha una grande quantità di sequenze drammatiche di vero grande cinema: ogni sezione del dialogo tra il vecchio Salieri e il prete, il primo incontro “spiato” tra Salieri e Mozart, tutte le scene in teatro, molte delle scene con l’imperatore presente, la scena in cui Mozart fa da tutore alla figlia di Schlumberg e finisce per addestrare il suo cane all’apprezzamento della sua musica, la visita notturna della moglie di Mozart a casa di Salieri e ovviamente i molteplici momenti marci e tragici che delineano il peggioramento della salute di Mozart, fino all’apice assoluto e commoventissimo che giunge con la scrittura del Requiem insieme a Salieri e con la morte del compositore austriaco. E Salieri, dopo aver insultato definitivamente Dio elogiando la mediocrità, viene portato per un corridoio di matti grotteschi che ricordano certe atmosfere di Qualcuno volò sul nido del cuculo, mostrate però da Forman utilizzando una regia simile alla carrellata in campo-controcampo di Kirk Douglas tra le trincee in Orizzonti di gloria, e noi non possiamo che pensare che finalmente anche Salieri può avere, in questa meravigliosa finzione fuori dal mondo, una qualità divina, una “voce di Dio” come quella che tanto invidiava, nella finzione, al giovane collega: e questa gliel’ha data tanto F. Murray Abrahams con la sua interpretazione, quanto gliel’hanno data Forman e Shaffer con la costruzione drammatica del suo personaggio, indimenticabile e nobile inetto in un mondo di ricchezza e follia, in cui lo sguardo rivolto alla bellezza non muore, ma la bellezza stessa, effimera, può sfumare con la durezza drastica e dissacrante di una risata.

Nicola Settis

“Amadeus” (1984)
160 min | Biography, Drama, History | USA / France
Regista Milos Forman
Sceneggiatori Peter Shaffer (original stage play), Peter Shaffer (original screenplay)
Attori principali F. Murray Abraham, Tom Hulce, Elizabeth Berridge, Roy Dotrice
IMDb Rating 8.3

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