2 Settembre 2023 -

THE PALACE (2023)
di Roman Polanski

«Lo vedremo fra vent’anni il vero effetto del Millennium Bug», dice qualcuno realmente convinto, se non addirittura speranzoso, che con il passaggio dal 31 dicembre 1999 al primo gennaio 2000 sarebbe realmente finito il mondo, o che per lo meno sarebbero impazzite le banche dati informatiche togliendo ai ricchi i loro conti correnti e investimenti. In realtà già allo scoccare della fatidica mezzanotte si è reso evidente come le teorie mistiche di Nostradamus fossero errate, così come non risultano reali sofferenze di alcun dispositivo elettronico nel passaggio al doppio zero. Eppure forse il tanto temuto e forse auspicato Millennium Bug in qualche modo c’è stato, e proprio dopo poco più di vent’anni sta mostrando i suoi veri effetti. Un Millennium Bug iniziato proprio in quel capodanno, con le dimissioni di Boris Eltsin e la nomina a capo del governo della Federazione Russa (pro tempore, ma poi si sa come sono andate tutte le successive elezioni – regolari o meno che fossero) di Vladimir Putin. Un passaggio di consegne che gli ambigui ospiti russi giunti in Hummer Limousine nel grande e lussuoso hotel sulle alpi svizzere messo in scena in The Palace guardano sugli schermi della televisione, ascoltando distrattamente le false promesse di libertà e democrazia lanciate da Mosca mentre riflettono piuttosto sul modo più efficace per guadagnare personalmente dal cambio di timone. Pedine fra le tante – tutte rigorosamente grottesche fino al puro slapstick della parrucca che vola via o della porta girevole in cui rimanere bloccati – di un doppio campionario di facoltosi clienti provenienti da tutta Europa e di squattrinati lavoratori incaricati di servirli, con cui anche in un film che è tanto dichiaratamente un divertissement da non avere alcuna paura a sconfinare a più riprese nella stupidità e anzi nella aperta cazzata il novantenne Roman Polanski, coadiuvato nella scrittura da Jerzy Skolimowski ed Ewa Piaskowska, racchiude e deride tutti i capricci e le contraddizioni del Vecchio Continente e in generale del mondo. Una commedia nerissima antisistemica e ostinatamente scorretta, profondamente cinefila nelle sue continue citazioni e rielaborazioni di film del passato e del presente, in cui solo la diplomazia e la pazienza del direttore dell’albergo possono trovare una mediazione fra le richieste spesso assurde dei ricchi e le insofferenze proletarie del personale, fra la stupidità del Potere e l’insoddisfazione bruciante di chi è costretto ad accontentarlo con il sorriso, e il massimo che si può permettere è un irriverente dito medio quando il destinatario è girato dall’altra parte.

Fra l’alto e il basso, fra l’aulico e il volgare, da qualche parte fra il Wes Anderson di Grand Budapest Hotel e il Ruben Östlund di Triangle of Sadness, ma non mancano chiari echi del Luis Buñuel de L’angelo sterminatore, del Jean Renoir de La regola del gioco e del Robert Altman di Gosford Park, e volendo anche del Sergio Martino di Cornetti alla crema, del Ted Kotcheff di Weekend con il morto, del Nando Cicero di W la foca (anche se qui l’animale esotico che si aggira per le stanze è un pinguino) e perfino del Takashi Miike di Visitor Q nel rimanere (letteralmente) incastrati nell’interstizio (o forse sarebbe meglio dire nell’orifizio) fra amore e morte, The Palace è lo spassoso racconto corale e necessariamente episodico di un giorno in attesa e di una notte di festa, in cui accogliere in albergo una babele di lingue e di personaggi eccentrici e viziati fra vecchie carampane che non accettano l’idea di invecchiare, pornodivi ormai in pensione destinati a rompersi il naso sulle piste per poi (auto)citare apertamente (con tanto di meta-gioco nel loro non riuscire a farsi venire in mente quale film ricordi) il cerotto che lo stesso Polanski già aveva messo a Jack Nicholson in Chinatown, intere frotte di nobili isteriche accompagnate da cani che mangiano solo caviale per cagarlo solo e rigorosamente su un prato e chirurghi estetici pronti a improvvisarsi veterinari pur di accontentare una cliente importante. E poi ancora arroganti truffatori che vogliono sfruttare il cambio di millennio per aggiungere qualche zero al proprio conto in banca fra l’arrivo improvviso da České Budějovice di figli mai (ri)conosciuti e quello invece atteso di insignificanti banchieri mammoni da rimandare a casa sull’orlo del coma etilico, il già citato gruppo di russi che attendono di fare affari con l’ambasciatore altrettanto corrotto fra gangster, puttane e guardie del corpo, e non certo in ultimo miliardari novantasettenni sessuomani (ancor meglio se interpretati dal Monty Python John Cleese) con abbondante moglie ventiduenne al seguito, con cui festeggiare il primo anniversario di matrimonio senza il raggiungimento del quale non si può per cavillo legale nominarla erede universale. Tutti a ballare ciucchi di vodka La notte vola e Mambo n.5, senza minimamente rendersi conto dello squallore che non riusciranno mai a celare dietro i loro abiti eleganti e le cifre impronunciabili ospitate sui loro conti correnti.

Una continua fucina di trovate impertinenti e irresistibilmente esilaranti, per un film intimamente vanziniano (il che, sia ben chiaro, è assolutamente un pregio), nel suo insistito parossismo sarcastico, nel suo esibito cattivo gusto e nel suo consapevole porsi in bilico fra cult e scult. Fra feci canine da (far) ritrovare e poi esaminare, regali preziosi ed esplicite richieste (o magari sfacciati ricordi) di un qualche pompino, clienti totalmente ubriachi che sbagliano hotel e pretendono stanze non prenotate, facciate sul piatto di caviale prima di vomitare da un finestrino, vibratori accesi sul letto e idraulici rigorosamente polacchi (veri e propri spauracchi per l’Europa più ricca a causa dei loro bassi salari al momento dell’ingresso nell’UE) con cui immaginare di tornare giovani. Fra le chiamate improvvise per un nuovo problema e le necessità più astruse da tentare di soddisfare mentre si avvicina e poi scatta la mezzanotte del nuovo millennio, fino ai cadaveri stecchiti dal rigor mortis da tenere in caldo ancora per qualche ora, a costo di sostenerli di peso quando si aprono le porte dell’ascensore proprio sul piano in cui lo aspetta un intero gruppo di donne arabe con il burqa. Un’ulteriore, ma si spera non ancora ultima, sortita di Roman Polanski presentata fuori concorso all’80ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia in attesa di uscire in sala a fine settembre (anche se forse, vista la natura di consapevole e personalissimo cinepanettone, sarebbe stato più sensato aspettare la finestra natalizia), evidentemente minore nella sua considerevole filmografia eppure ben lontana dalle ingenerose e irrispettose (e forse in alcuni casi un po’ pregiudiziali, trattandosi di Polanski del quale sono ben note la biografia e la fedina penale) storture di naso che già dalla prima proiezione stampa al Lido, nel classico vociare fra accreditati, stanno iniziando a bollare The Palace come assoluta, senile e imbarazzante schifezza. Al contrario, da ogni singola inquadratura emerge la mano del grande cineasta, la sua direzione maniacale di attori e punti di vista, la piena coerenza del film con il filone più grottesco del suo autore fra Cul-de-sac e Che?, la sua capacità, anche a novant’anni, di giocare ancora con il cinema, e di utilizzarlo per spiazzare e per alzare a sua volta la voce contro l’ipocrisia di chi, altrettanto mostruoso, si ostina ancora a trattarlo come un mostro da emarginare. Tanto che non è difficile, ancor di più ripensando al criceto che usciva (dai domiciliari) nel finale di Carnage, immaginare come possa essere proprio Polanski quel cagnolino irriverente che prima la fa sul letto e poi, nella geniale inquadratura finale, concluderà i bagordi di capodanno montando selvaggiamente il pinguino sul pavimento ancora sporco del salone della festa. Un’ultima e decisiva provocazione, un ennesimo J’accuse, con cui ancora una volta ribadire il suo più sonoro e generalizzato vaffanculo all’intera società, alle storture del contemporaneo, all’ipocrisia del “buon gusto”, e non certo in ultimo a Vladimir Putin, il vero e unico Millennium Bug.

Marco Romagna

“The Palace” (2023)
100 min | Comedy, Drama | Italy / Switzerland / Poland / France
Regista Roman Polanski
Sceneggiatori Ewa Piaskowska, Roman Polanski, Jerzy Skolimowski
Attori principali Oliver Masucci, Fanny Ardant, John Cleese
IMDb Rating N/A

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