5 Settembre 2018 -

L’AMICA GENIALE (episodi 1 e 2) (2018)
di Saverio Costanzo

Bisognava aspettarselo. Dopo la “televisionizzazione” del cinema, con i passaggi televisivi dei film spezzettati dalla pubblicità e intervallati dai telegiornali, con conseguente desacralizzazione del rito della sala cinematografica, la storia dei mass media ci ha consegnato l’epoca della “cinematografizzazione” della serie televisiva. Un processo che ha radici lunghe, che ha confini iniziali sfumati e non necessariamente consequenziali o connessi fra di loro per spazio e tempo, ma che oggi raggiunge un compimento decisivo grazie ad alcuni enzimi – chiamiamoli così – che favoriscono la fusione dei due mondi: Netflix e HBO, su tutti. Questo festival di Venezia porta sugli schermi lagunari tanti esempi. Su tutti l’eclatante caso dei fratelli Coen, che stavano da tempo lavorando a una serie TV in sei episodi per Netflix, che in occasione della mostra è stata compressa in un film a sei quadri, con esiti incerti, sfocati, forse un laboratorio creativo, ma comunque un tassello di transizione, non certo un’opera capitale nell’itinerario cinematografico. Un po’ più importante è invece il caso di Saverio Costanzo, che sotto la spinta di Fandango, HBO e Rai Cinema porta sullo schermo la saga letteraria contemporanea ormai diventata d’antonomasia, almeno per il panorama italiano, ma è sulla buona strada anche in Europa e oltre l’oceano: L’amica geniale, della misteriosa (chissà per quanto a lungo ancora) scrittrice napoletana Elena Ferrante. Già affrontata cinematograficamente con esiti straordinari da quel grande intellettuale che è Mario Martone, che nel 1995 firmò L’amore molesto, l’opera monumentale della Ferrante arriva a Venezia (con passaggio intermedio al cinema a inizio ottobre, per poi andare in TV) con grandi aspettative, legate soprattutto alla mole produttiva dispiegata all’uopo: basti solo dire che il reparto che si è occupato del casting ha provinato circa 9000 bambini e più di 500 adulti, e addirittura – in stile quasi nostalgico, ma in realtà obbligato dalle contingenze – è stato ricostruito (nei dintorni di Caserta) l’intero rione napoletano in cui sono ambientate le peripezie giovanili di Lenù e Lila.

I responsabili del casting non avrebbero potuto fare lavoro migliore: le due bambine, versioni mediterranee e al femminile di Tom Sawyer e Huckleberry Finn, sono interpretate efficacemente da Elisa Del Genio (la bionda Elena, o Lenù) e Ludovica Nasti (la ribelle dalla carnagione olivastra). Più contenuto, invece, è l’entusiasmo per la ricostruzione scenografica: ci si domanda se non esistesse davvero un compromesso, se non si potesse davvero trovare qualche location ready made, anche nell’orridamente e irrimediabilmente cementificata provincia napoletana, piuttosto che affidarsi alla cartapesta che nei bei vecchi tempi metteva d’accordo tutti, e oggi invece fa un po’ storcere il naso allo spettatore più esigente, più disilluso, più consapevole. O forse no, in caso di spettatori più distratti e/o accondiscendenti. Saverio Costanzo è un regista di grande sensibilità – abbiamo amato molto il suo Hungry Hearts, in concorso a Venezia nel 2014 – ma non ha sempre il controllo totale della situazione, almeno in un film come L’amica geniale che è una straziante e umanissima epopea dell’infanzia. Il dialetto napoletano è uno strumento assai delicato, con delle corde assai sensibili, ma anche molto riottose: per farle suonare armonicamente occorre un tocco calibrato al millimetro, e non sempre la mano di Costanzo nella direzione degli attori è stata precisa. Scaturiscono, quindi, scene che lasciano un po’ di amaro in bocca, tipo il concerto di vajasse affacciate al balcone, che scivola pericolosamente nel bozzetto, nel non urgente, nel non necessario. Per fortuna, comunque, ci pensano le due bambine a caricarsi innocentemente, come se fosse il gioco più realistico a cui abbiano mai giocato, l’epopea sulle spalle, in particolare i primi due episodi della serie, Le bambole e I soldi: la naturalezza selvaggia e sfrontata di Ludovica Nasti/Lila viene compensata, con l’andare della narrazione, dall’intensità dello sguardo e delle espressioni dell’apollinea Elisa Del Genio/Lenù, che regge il confronto coi “grandi” come un’attrice consumata. Ferina l’una, meditatrice l’altra, le bambine offrono inconsapevolmente un micro-bignami delle due polarità della recitazione cinematografica, quella insegnata nelle scuole americane. Per finire, un cenno ai “grandi”, di cui sopra: spiccano Dora Romano nel ruolo della maestra e Luca Gallone nel ruolo del padre di Elena, ma è quando compare il compianto Antonio Pennarella, nei panni del temibile ras del quartiere Don Achille, che si arriva al limite della commozione. Se c’era qualcuno che potesse rubare la scena a Lenù e Lila, questi era proprio lui.

Elio Di Pace

“L'amica geniale” (2018)
Drama | Italy
Regista N/A
Sceneggiatori N/A
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