21 Febbraio 2019 -

DELPHINE ET CAROLE. INSOUMUSES (2019)
di Callisto Mc Nulty

Due amiche, due ragazze, due rivoluzionarie. Tornare sui passi di Carole Roussopoulos e Delphine Seyrig è come riscrivere infinite storie che coinvolgono l’immagine, la parità dei diritti, le lotte sociali e molto altro ancora. La giovane Callisto McNulty le esplora in un documentario onesto e intelligente, che si immerge nella loro esperienza militante da filmmakers in prima linea, fra le barricate di un mondo che molto difficilmente ascoltava le loro istanze. Delphine et Carole, insoumuses, presentato al Forum della Berlinale e poi sia al DocLisboa sia fra i doc del Torino Film Festival, è un viaggio nelle loro pungenti provocazioni, nelle loro azioni di lotta, nel loro rapporto speciale e profondissimo che le ha portate a essere un simbolo francese, ma non solo francese, di protesta e di smantellamento progressivo di quella prospettiva maschilista che abitava anche i salotti intellettuali dell’epoca. Fra immagini d’archivio e documenti attuali, quella della McNulty è una sorta di rievocazione del periodo storico nel pieno di quel conflitto ideologico che portò migliaia di ragazze nelle strade e nelle piazze francesi e, allo stesso tempo, una riflessione sullo strumento video all’origine del suo sviluppo come supporto fondamentale della presa diretta. Un doppio versante, come sdoppiata appare l’anima di quelle due eterni ribelli, indisciplinate (come suggerisce il titolo) e unite profondamente dal bisogno di urlare tutta la loro rabbia nei confronti di un mondo ancora sordo. Un percorso oggi quasi commovente, da rivedere come da rivivere.

Correvano gli anni Settanta, quelli che ancora ruotavano (per molti versi) attorno al Maggio francese. Delphine Seyrig era una diva, fata e vampira, nobile e casalinga, bellissima stella del cinema fra le più contese. Proprio nel ’74 incontra, in un corso di video all’interno di un collettivo femminista, Carole Roussopoulos, che col marito lavorava già sui nuovi supporti Sony a nastro magnetico. Da quel giorno inizia un percorso unico di attivismo e conoscenza, teso a cambiare l’idea e l’immagine della donna all’interno della società. Lo strumento, rivoluzionario, è proprio quella piccola macchina da presa (già in mano a Godard, come ad Alberto Grifi) che permette di autoprodursi continuamente filmati e, soprattutto, di cogliere la realtà della strada esattamente nel suo (dis)farsi. Cambia la prospettiva, il rapporto di predicazione è ora il femminile che si racconta e allo stesso tempo dialoga con il maschile: una controinformazione – ed ecco che torna il concetto del collettivo e di come lavorò sui linguaggi il Sessantotto – senza mediazioni e in netta distonia rispetto ai canali ufficiali. Sempre più ragazze si avvicinano a quell’esperienza, girano e montano film, si lavora e si discute. Il sogno di Carole e Delphine diventa realtà tangibile in una Parigi che sta cambiando e che guarda (anche in questa lotta, per questa lotta, grazie a questa lotta) verso altri confini. Tanto che pare proprio che sia la narrazione a essere cambiata.

Anche per questo la McNulty decide di lavorare sugli archivi, dall’ultima intervista (del 2003) ai loro manifesti principali (“SCUM”, “Maso e Miso”) passando per molte altre testimonianze filmate, quasi a far riemergere le immagini dall’oblio a cui il nastro video pare essere destinato. Allo stesso tempo, questo viaggio si interroga sulle immagini passate (come dovevano apparire le figure femminile nella Hollywood di quasi mezzo secolo fa? Qual era il prototipo di bellezza? Quale l’ideale a cui una donna sullo schermo avrebbe dovuto tendere?) per guardare a quelle di oggi. Questione di stereotipi e di lotte, argomento quanto mai urgente in una realtà sempre più disumanizzante che, a differenza di quegli anni, non pare nemmeno avere gli anticorpi adeguati per una reale e consapevole resistenza. Nel percorso di Delphine et Carole, nel loro rivoltare apparizioni televisive e documentare le proteste al femminile, nel loro raccontare ed educare al quotidiano come alla conoscenza del proprio corpo e della sua libertà, nel loro esser parte di una società e allo stesso tempo combatterla, ci fu tutto questo. Fu una forma di resistenza, un affermare quasi in maniera situazionista come davvero le cose stavano per cambiare. Ed ecco che già quel percorso (nella creazione successiva dei collettivi “Les Insoumuses” e “Video Out”, del centro di archivio femminista audiovisivo Simone de Beauvoir) prevedeva un’eredità, una continua attenzione, una dialettica futura su ciò che allora pareva quasi impossibile e che invece stava per essere ottenuto. Impossibile invece è oggi – considerando anche che a scrivere è un uomo, pur con tutte le sue contraddizioni – decifrare quale sia quella condizione, e chissà se quelle campagne doverose ma in certi termini con molta forma e troppo poca sostanza (vedi il MeToo) sarebbero davvero piaciute a quelle due splendide indisciplinate.

Erik Negro

“Delphine et Carole, insoumuses” (2019)
N/A | France
Regista Callisto McNulty
Sceneggiatori N/A
Attori principali Carole Roussopoulos, Delphine Seyrig
IMDb Rating 7.8

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