20 Maggio 2017 -

L’AMORE SECONDO ISABELLE (2017)
di Claire Denis

Isabelle, pittrice Parigina, madre divorziata, cerca l’amore, il vero amore.
Una sinossi semplice, ma che apre a un caleidoscopio di complicazioni, illusioni e fraintendimenti, mimetizzata fra le pieghe di una sceneggiatura volutamente verbosissima, affastellata di duetti attoriali che culminano nel surreale per quanto in là riesce a spingersi la goffaggine dei personaggi, e impreziosita da momenti quasi elegiaci, come un disco jazz in cui, fra i brani bebop, fa capolino una ballata. Sono dialoghi apparentemente inutili, di una quotidianità straziata, che si trascinano come la vita, come la costante ricerca di un proprio equilibrio. Come la classe della Nouvelle Vague nella filmabilità del quotidiano, come la parabola di una borghesia eternamente insoddisfatta.
È la sintesi di Un beau soleil intérieur – in uscita in Italia con il titolo L’amore secondo Isabelle -, il grande, grandissimo film d’apertura della sorprendente (fino a questo momento, ma avevamo dubbi? Ieri, poi, abbiamo visto anche il nuovo, sublime Garrel…) Quinzain des Réalisateurs, ultima opera di Claire Denis, il cui embrione addirittura deriva dai Frammenti di un discorso amoroso di Barthes, abbandonati, in seguito, per altre derive dopo la fruttuosa, maieutica collaborazione della stessa regista con la scrittrice Christine Angot.
Juliette Binoche interpreta una donna (Isabelle, come la Huppert, chissà se è un caso) che si barcamena fra un uomo e un altro alla ricerca del vero amore, passando da un amante all’altro, ostentando posizioni di supremazia ma in realtà mettendo in mostra fragilità e incertezze attraverso una parlantina fin troppo invasiva perfino fra le pieghe delle lenzuola, e attuando strategie del controllo e del sospetto (“dove lo hai visto fare quel gesto? Non è tuo, non è autentico, non sei tu!”, momento geniale situato a tre quarti del film) che, alla fine dei giochi, finiscono con l’allontanare i suoi pur ben disposti partner. E lei, tutto sommato, è al corrente di queste sue depravazioni, ci riflette in quegli attimi che sono risolti cinematograficamente in situazioni di cui la Denis è maestra, pause di riflessione (registica) notturne, sulle note dolci di un sassofono, mentre la città scorre, sfocata e umida, dietro il finestrino di un taxi. Su questo aspetto, è Vendredi soir il film più vicino, il più carico di senso atmosferico.

Dopo tutto, L’amore secondo Isabelle è un’analisi divertita della Denis sul suo stesso cinema, prim’ancora che su una categoria umana: è il passo che prima o poi compiono i grandi autori, film-saggio su se stessi, come nelle ultime sublimi prove del maestro Alain Resnais. Più ancora di Resnais, che ha spogliato e asciugato i suoi film delle pennellate di regia dei bei tempi assestandoli a un grado irriducibile del rapporto parola-immagine, la Denis prova ancora gusto a scomporre, in maniera quasi cubista, le scene di Un beau soleil, rinchiudendo i suoi personaggi dentro gabbie di découpage. Claire Denis maneggia la grammatica cinematografica a suo piacimento accerchiando la Binoche e il maschio di turno dentro una scomposizione della scena felicemente libera, scavalca il campo, sceglie angolazioni insolite, va alla ricerca dello sfondo giusto, e poi, quando meno te l’aspetti, butta lì il primo piano che sfonda nella ritrattistica, tanta è l’intensità dell’espressione e, allo stesso tempo, la semplicità della composizione. Vero è che serve anche un’attrice superiore come la Binoche, qui alle prese con una delle sue migliori interpretazioni, per quanto è stata capace di dare connotazioni autentiche al personaggio di Isabelle, per quanto ha messo a disposizione il suo corpo, la sua voce, il suo sguardo, la sua intimità.
Indimenticabile il finale, con Gerard Depardieu appena rifiutato, in maniera analoga ai “Non ce la faccio” di Isabelle, da Valeria Bruni Tedeschi, che entra e si mangia il film in quindici minuti, interpretando il chiaroveggente che incoraggia Isabelle verso un futuro più “open”: la Denis racconta di non aver mai girato così tanto minutaggio in un giorno solo: due ciak per la Binoche, tre per Depardieu, e la scena era portata a casa. Un momento altissimo, cui dà l’acqua della vita il francese sornione e strascicato del grande Gerard, e a cui la Binoche, fino a quel momento dominatrice assoluta del racconto, giustappone semplicemente il suo delicato sorriso di controscena. Il cinema, a volte, è “solo” saper ascoltare, aprirsi, amare.

Elio Di Pace

“Bright Sunshine In” (2017)
94 min | Comedy, Drama, Romance | France
Regista Claire Denis
Sceneggiatori Christine Angot, Claire Denis
Attori principali Juliette Binoche, Xavier Beauvois, Philippe Katerine, Josiane Balasko
IMDb Rating 7.3

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