9 Settembre 2015 -

L’ESERCITO PIU’ PICCOLO DEL MONDO (2015)
di Gianfranco Pannone

L’esercito più piccolo del mondo veste divise michelangiolesche e parla tre lingue. Non difende la terra per la quale è nato, e probabilmente in realtà non combatterà mai. Certo, è un esercito pronto a intervenire, rigorosamente addestrato, guardia affidabile di tradizione secolare a protezione del Pontefice. Ma si tratta principalmente, ormai, di un esercito di attori, pronti ad andare in scena ogni giorno nella riproposizione di cerimonie e posture, dalla sentinella immobile in vedetta con la sua lancia al passo cadenzato del piantone. Il loro pubblico sono i cattolici di tutto il mondo, schiera di fedeli pronta ad accorrere in massa ogni giorno in Piazza San Pietro. Gianfranco Pannone, documentarista di tradizione decennale, torna dietro alla macchina da presa a distanza di un anno dalle pendici del Vesuvio immortalate nello splendido Sul Vulcano. Questa volta, il regista napoletano parte dalle lande elvetiche per giungere nel cuore del Vaticano, più precisamente nelle stanze nelle quali vengono addestrate e prendono poi servizio le Guardie Svizzere. Con L’esercito più piccolo del mondo, nuovo lavoro presentato fuori concorso a Venezia, Pannone torna al proprio cinema di volti, di dettagli, di rapporto fra gli uomini e i luoghi, alla ricerca di un mosaico umano multiforme e mai scontato. Aggiungendo questa volta un parziale ricorso ad elementi di fiction, efficaci nel tenere le fila e nello scandire il ritmo di un film basato sulla ripetitività eterna degli stessi gesti. Il risultato linguistico, visivo e umano è notevole, e conferma appieno il talento del regista, ma rimane al termine della visione più di un dubbio di natura etica sulla natura stessa del progetto. Ma andiamo per ordine.

L’esercito più piccolo del mondo segue l’ingresso nella Guardia Svizzera di Renè, Leo e Michele, dal viaggio verso Fiumicino al periodo di addestramento, dai primi turni di guardia alla responsabilità di piantonare durante la notte la stanza di Bergoglio. Il passare del tempo è scandito dalla voce off e dal diario di Renè, studente di teologia, contribuendo ancora una volta a limare l’ormai sempre più ridicolo e desueto confine fra fiction e documentario, nella ricerca di un linguaggio cinematografico forse in questo caso un po’ manierista nelle forme, ma gestito da Pannone con grande talento visivo e narrativo. “In Svizzera le tombe vengono rimosse dopo 25 anni. Qui nella Città Eterna, le cose mi paiono un po’ differenti”, ci dice una delle digressioni, rappresentando l’apparente incompatibilità fra il pragmatismo elvetico e la Roma caotica e caciarona nella quale vengono catapultate le Guardie. Ma anche la tensione ad un’eternità della quale vediamo e siamo destinati a vedere solo una piccolissima porzione, quella della città di Roma, quella dell’arte presente nelle stanze vaticane, quella delle Guardie da addestrare ad abiti e comportamenti tramandati dal Cinquecento, e non a caso il film si chiuderà con l’arrivo di un’altra infornata di reclute.

Pannone segue i personaggi nella scelta del letto nel dormitorio, nella ricerca quasi ossessiva quanto obbligata della perfezione del gesto, nelle loro libere sortite per una Roma che forse faticano a capire, abituati ad una società nettamente più organizzata e rigorosa quando non addirittura ai ritmi rilassati e fiabeschi della montagna, ma dalla quale subiscono una forte fascinazione. Si evince il paradosso di un corpo in sostanza militare, la cui principale funzione è però ormai quella di attrazione turistica, immobili nelle divise variopinte immutate da oltre cinque secoli: sono le Guardie stesse a rendersi conto di essere il semplice retaggio di una vita cortigiana ormai anacronistica, ma al contempo pedine di una granitica eternità. Un turno da piantone, si apre una porta lignea sulla destra: appare il Giudizio Universale. L’uscita pubblica, camminare accanto alla papamobile, il costante rischio di attentati. La parata, e poi ancora l’immobilismo delle sentinelle, mentre inarrestabili gocce di sudore solcano quasi irriverenti i loro volti impassibili.

Il regista campano, con la collaborazione del fido direttore della fotografia Tarek Ben Abdallah, confeziona un prodotto curato e visivamente potente, capace di trasporre sullo schermo tanta parte della meraviglia della location e di mettere in luce l’umanità multiforme dei protagonisti, in una costante tensione all’immutabile e all’infinito che è cifra stilistica e vero argomento del film. Piuttosto, a farci storcere il naso, sembra esserci la mancanza di una reale urgenza, di qualcosa di sinceramente originale da dire, sostituito dalle considerazioni della Guardia-teologo sulla bontà e sui presunti intenti rivoluzionari di Jorge Bergoglio, Papa Francesco. In un film documentario che ha l’intelligenza di non andare fuori tema, lasciando il Pontefice al limite del fuori campo, mostrandolo quasi da lontano e solo quando narrativamente richiesto, ci si chiede quale sia la necessità di introdurre questo tassello di beatificazione precoce, dogma privo di contraddittorio votato non a cercare di capire in che cosa consterebbe -al di là del cambio di residenza papale- questo nuovo corso imposto da Bergoglio, ma assumendo piuttosto i contorni del preciso istante nel quale a Pannone è stato impossibile dissimulare un marchettistico intento pubblicitario. In un film prodotto dalla CTV, il Centro Televisivo Vaticano, non ci pare una mancanza etica da poco. Ma almeno il talento di Pannone riesce a trasparire e ad incollare allo schermo, e L’esercito più piccolo del mondo, al di là di una singola sequenza che sarebbe stato meglio tagliare, non è freddo e falsamente ammiccante come quella Pastorale Cilentana di Mario Martone che tanto ci infastidì a Locarno.

Marco Romagna

“L'esercito più piccolo del mondo” (2015)
80 min | Documentary | Italy / Switzerland
Regista Gianfranco Pannone
Sceneggiatori Gianfranco Pannone (script)
Attori principali N/A
IMDb Rating N/A

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