16 Agosto 2017 -

LA REGINA DEI PIRATI (1951)
di Jacques Tourneur

Abbiamo più volte detto come quello di Locarno sia un Festival splendidamente a misura d’uomo. Non solo per il clima di reale festa e di costante confronto anziché di chiusura blindata che lo contraddistingue dagli altri grandi Festival, ma anche per il puro spirito cinefilo che a Locarno aleggia, fatto di apertura verso qualunque tipo di pubblico dal più ardito al più pop, e soprattutto di un estremo rispetto per la storia del cinema, costantemente riproposta come una necessaria (ri)educazione alla visione. Mentre Cannes ha ormai da anni abbandonato la retrospettiva preferendo trasformare la sezione CannesClassics in una sorta di vetrina nella quale mettere in mostra (e in vendita, s’intende) i restauri, e Venezia ben presto ha seguito la medesima strada con i suoi Classici, solo Berlino e Locarno ancora resistono nell’organizzare una vera, studiata, coerente Retrospettiva, fatta di autori e di nuclei tematici, fatta di (quasi sempre) pellicola e di programmazione, fatta di critica e di pubblicazioni. Nelle elefantiache dimensioni della kermesse che si tiene a febbraio in terra teutonica, però, la Retrospektive finisce per essere relegata in una sola sala, eternamente in contemporanea con qualcosa che ha la precedenza, considerata alla stregua di un “di più” dato in pasto al pubblico. Discorso ben differente vale per Locarno, che è orgoglioso della sua Retrospettiva (anzi, delle sue retrospettive, fra omaggi, Histoires, premi alla carriera e proiezioni speciali che si affiancano alla Retro principale), tanto da metterla in primo piano, tanto da programmarne una piccola parte in Piazza Grande, tanto da aver finanziato il restauro dello storico Cinema Rex – ora GranRex – che da sempre, subito sopra la Piazza, illumina il suo schermo del passato.
Il lavoro di Roberto Turigliatto – coadiuvato quest’anno da Rinaldo Censi – si è incentrato questa volta su Jacques Tourneur, tanto grande quando sottovalutato regista attivo sia in Francia sia nella Hollywood degli anni d’oro. Celebre principalmente per capolavori dell’horror come Il bacio della PanteraHo camminato con uno zombi e L’uomo leopardo, Tourneur fu in realtà un regista pronto a spaziare dal peplum alla commedia, dall’operetta morale all’indagine noir, sempre con strabiliante originalità nella messa in scena e viva intelligenza fra simbolismi e allusioni. La Retrospettiva integrale locarnese, comprensiva degli introvabili cortometraggi, è stata preziosa non solo per la possibilità di rivedere nelle migliori condizioni possibili i capolavori più conclamati, ma forse ancor di più per aver permesso di scoprire i lati più nascosti e trascurati della filmografia di un Maestro. Proprio come questo Anne of the Indies, in Italia La regina dei pirati, film d’avventura a tema piratesco in technicolor, presentato qui (uno dei pochissimi, non si poteva fare altro) in restauro DCP. È probabilmente uno di quei film visti mille volte da bambini, ma mai ricollegati al regista di Cat People, e di certo al tempo non capiti nella loro straordinarietà. La regina dei pirati racconta di Anne Providence, personaggio ispirato alla realmente esistita Anne Bonny, capitana di una ciurma temuta e ricercata in tutti i mari che, dopo aver assaltato una nave inglese, trova al suo interno un prigioniero francese, Pierre LaRochelle, al quale decide di risparmiare la vita per farlo diventare uno dei suoi uomini in quanto esperto navigatore. In seguito, la ciurma di dirige verso un’isola dove si trova il terribile Barbanera, ovvero il mentore di Anne, il quale si ricorda di aver visto LaRochelle fra le fila della marina durante l’esecuzione di un pirata. A quel punto il capitano cerca di attaccarlo, ma la protagonista glielo impedisce inimicandosi Barbanera, in quanto ormai non solo si fida del francese, ma se ne è addirittura innamorata.

Ciò che sorprende di più di quest’opera è vederla animata dallo spirito di due generi differenti: da un lato quello del cinema d’avventura, dall’altro quello del cosiddetto “woman’s film”. Il film è visivamente ricco e soprattutto divertentissimo, popolato di pirati sì spietati, ma talmente caricaturali da sembrare cartoni animati (in particolare, questo Barbanera ricorda quasi Pietro Gambadilegno), che riempiono scene di massa frenetiche e chiassose, sia che si tratti di un arrembaggio sia che si tratti di baldoria in una taverna. Tra duelli di spada e battaglie navali illuminate da esplosioni di fuochi di cannoni, La regina dei pirati ha sicuramente tutte le caratteristiche estetiche del grande intrattenimento Hollywoodiano degli anni ’50, ma sotto la superficie ci si rende conto che il vero fulcro drammatico del film è un altro, ovvero la femminilità della protagonista. Il “womans’film” è un filone difficile da definire con precisione, ma se ne possono sicuramente delineare gli argomenti prediletti, come il rapporto fra uomo e donna all’interno della società, l’amore romantico e il sacrificio personale. Il motore di tutto il film è qui costituito dalla scoperta da parte di Anne di emozioni che mai aveva sperimentato in vita sua, ovvero in primo luogo l’amore. Dovendo vivere in un mondo crudele dominato dagli uomini, quello della pirateria, Anne mai aveva potuto abbassare la guardia per abbandonarsi ai sentimenti, e quando lo fa per la prima volta con LaRochelle se ne dovrà pentire amaramente.
Quando scopre come La Rochelle abbia tradito la sua fiducia, Anne viene travolta una rabbia incontrollabile e da una folle gelosia, e cerca di vendicarsi del francese in un modo che lei stessa riconosce come puramente femminile. Solo il medico di bordo, il dottor Jameson, suo fidato amico nonché una sorta di incarnazione del suo buon senso, riesce a farla tornare sui suoi passi; Anne a quel punto, in cerca di redenzione, si sacrificherà per salvare la vita alla coppia unita sotto il vincolo del matrimonio, sempre consacrato dal cinema classico. Anne of the Indies è un’opera all’apparenza estremamente semplice e lineare, e che invece riemerge profonda e sfaccettata come un piccolo diamante, perfetto esempio di quella dissoluzione dei generi che il cinema degli anni ’50 stava cominciando a sperimentare, perfetto esempio della genialità versatile di Jacques Tourneur, così smaccatamente europeo, così smaccatamente hollywoodiano. E perfetto esempio, anche, di quello che senza le inestimabili Retrospettive del Festival di Locarno non sarebbe possibile (ri)conoscere, né tanto meno (ri)contestualizzare.

Tommaso Martelli

“Anne of the Indies” (1951)
81 min | Action, Adventure, Drama | USA
Regista Jacques Tourneur
Sceneggiatori Philip Dunne (screenplay), Arthur Caesar (screenplay), Herbert Ravenel Sass (story)
Attori principali Jean Peters, Louis Jourdan, Debra Paget, Herbert Marshall
IMDb Rating 6.7

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