21 Ottobre 2015 -

EVA NO DUERME (2015)
di Pablo Aguero

“Don’t cry for me Argentina
the truth is I never left you
all throug my wild days
my mad existence
I kept my promise
don’t keep your distance”

Evita
Andrew Lloyd Webber, Tim Rice

Don’t cry for me Argentina. Eppure l’Argentina, per Eva Peron, ha pianto, tanto, e forse non ha mai smesso. L’ha trasformata in un simbolo, ne ha trasformato l’effigie in simulacro, l’ha tenuta viva dopo la morte come simbolo di giustizia ed equità sociale, figura cristologica morta a 33 anni. Ma dimentichiamoci i musical di Broadway, allontaniamo dalla mente la voce squillante di Madonna diretta da Alan Parker nel ’96, ed evitiamo pure di lanciarci in strali sulla natura ambigua del peronismo, sulla contraddizione di una dittatura militare di stampo socialista basata però sulla terza via mussolinana, sul patriottismo e sul populismo demagogico, sull’ospitalità politica offerta da Juan Domingo Peron a frotte di nazisti in fuga dalla Germania liberata mentre la consorte parlava al cuore degli strati più poveri della popolazione, esaltando sovranità popolare e democrazia. Del resto Eva no duerme, opera quarta del regista argentino Pablo Aguero presentata prima a Toronto, poi a San Sebastian e adesso a Roma, non abbraccia alcun tipo di assioma peronista né antiperonista, ma preferisce concentrarsi sulla varietà dei punti di vista, rivelandosi piuttosto un film sull’ambiguità storica e sociale, sulla creazione -che sia legittima o meno- di un simbolo della rivoluzione, sull’amore incondizionato di un Popolo e sull’odio altrettanto incondizionato di una classe militare destrorsa, spocchiosa ed elitaria. Quello di Aguero è un film sulla follia collettiva e sull’instabilità di un Paese storicamente difficile. Tendente, perché no, a interrogarsi sulla vita dopo la morte.

L’Argentina è stata, e forse è tuttora, uno dei paesi più martoriati di tutto il Sudamerica, probabilmente del mondo. Un folle e devastante susseguirsi di dittature militari, golpe, desaparecidos, fame, piombo, violenza, terrore, in quarant’anni di cieca obbedienza alla tirannia di turno. Il sangue fatto versare a fiumi prima da Aramburu, poi da Videla, gli oppositori fucilati, la terra bruciata intorno al potere. Poi, è vero, è tornata la democrazia, ma tornano alla mente anche lo scandalo dei bond, il peso più volte svalutato, il doppio default economico: Aguero sembra volerci dire che il processo democratico forse non è ancora arrivato fino in fondo, rimasto incastrato nei flutti fagocitanti di una società alla quale basta un po’ di retorica populista, o in questo caso un corpo imbalsamato, per imbonirsi e sopportare. Ancora oggi la figura di Evita è amatissima, leader spirituale di una nazione, icona dello sfondamento delle classi sociali, punto fermo nel quale identificarsi come Popolo. Ma anche Evita “la stronza”, come la chiama nella finzione cinematografica il sanguinario Generale Massera interpretato da Gael Garcia Bernal, esponente di un regime ancor più sanguinario. Una “Stronza” in grado in vita di accogliere i descamisados a Buenos Aires, in grado per molti e molti anni dopo la propria morte di influenzare la politica argentina nonostante il divieto a pronunciarne solo che il nome. Un cancro la uccise a soli 33 anni il 26 luglio 1952, ma nell’immaginario del popolo non se n’è mai andata via. Pablo Aguero con Eva no duerme segue le peripezie, storia vera e poco nota, affrontate dalla sua salma, sepolta in terra natìa solo venticinque anni dopo la morte, riportata in patria da quella stessa classe militare che ne aveva trafugato e nascosto il cadavere sperando invano di rimuoverne la memoria, idolo pagano e iconico di una popolazione devota fino alla perdita degli ideali alla base: conta solo la forma, il volto, l’icona. Conta solo la tecnica, che sia questa militare o politica, mondi ibridati sino a coincidere. Il risultato, pur lasciando addito a una qualche riserva di natura in realtà più politica che cinematografica -il confine fra l’ambiguità e la confusione è a volte labile, e basta poco per cadere dal filo sul quale si sta procedendo-, è assolutamente interessante e da vedere.

Il film si divide in sostanza in tre nuclei narrativi: l’imbalsamatore che assicura immortalità al corpo di Evita recuperandone amorevolmente il sorriso, simbolo della fedeltà di un Popolo che vuole ancora vederla, omaggiarla e baciarla, poi il furto della salma da parte delle autorità militari agli ordini del generale Aramburu, fotografia del delirio collettivo di una dittatura con un sensazionale pianosequenza, e in ultimo il processo sommario dei nuovi guerriglieri allo stesso Aramburu (“Al tempo stavate con me”, ricorda il generale alla combattente comunista che premerà il grilletto, forse più per vendetta che per giustizia dopo anni di sofferenze), giustiziato dai Montoneros filoperonisti nel ’70. Aguero trascina lo spettatore in uno stile minimale e rigoroso, fatto di lunghi pianisequenza, movimenti di macchina e montaggio ridotti all’osso, interpreti di un’espressività nervosa e triste (in testa il sempre splendido Denis Lavant, già attore feticcio di Leos Carax, nel ruolo del generale Koenig che trafugò la salma), tempi dilatati, bassa saturazione esaltata da una fotografia in grado di creare un’indefinitezza che è la stessa della Storia. Non a caso, il regista decide di aprire il film con un’immagine deformata dall’acqua su un vetro, come a simboleggiare la difficoltà, o forse l’impossibilità, di essere chiari e lampanti su una questione in realtà tuttora ambigua, insabbiata, sfuggente. Iconica, appunto, come le immagini di Evita che ancora riempiono i cuori dei meno abbienti. Nell’immaginario della bambina che la vede ancora viva nel sepolcro c’è il paradigma di una nazione, e forse il senso ultimo di tutto il film: Eva no duerme, non dorme. Ma forse, paradossalmente proprio grazie alla sua morte così giovane, nemmeno muore. Che meritasse o meno questa sostanziale beatificazione è un’altra storia, che a Pablo Aguero non interessa: Eva no duerme non è un film su Evita Peron, ma è la Storia dell’Argentina, morti e rinascite di una nazione in un solo simbolo.

Marco Romagna

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“Eva Doesn't Sleep” (2015)
85 min | Drama | Argentina / Spain / France
Regista Pablo Agüero
Sceneggiatori Pablo Agüero
Attori principali Gael García Bernal, Denis Lavant, Imanol Arias, Ailín Salas
IMDb Rating 6.0

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