Massimiliano Schiavoni

Nasce il 25 marzo 1976 al “cinema del Popolo” di Pieve a Nievole (PT) durante una proiezione di Ben-Hur di William Wyler, che si troverà a rivedere infinite volte nella sua infanzia poiché il padre è appassionato di film storico-biblici. Può citare a memoria anche tutto I dieci comandamenti di Cecil B. DeMille saltando su una gamba sola, e per decenni è stato convinto che Charlton Heston fosse l'unico attore possibile. Per anni sarà tormentato da incubi ricorrenti che lo vedono gareggiare sulle bighe venendo puntualmente sconfitto dal crudele Messala. Quando tutto sembra ormai superato, apprende che nel 2016 uscirà in sala un nuovo Ben-Hur e perde i sensi. Le prime sale cinematografiche che conosce sono per lo più i cinema della Valdinievole pistoiese, tutte sale provinciali dismesse ormai da più di 30 anni. Spesso sono sale annesse alle gloriose Case del Popolo, dove ha passato almeno 10 dei suoi 40 anni a seguito di padri e nonni comunisti. Là viene a contatto per lo più con la commedia italiana, oltretutto colta nella sua fase di massima agonia agli inizi degli anni Ottanta. Eppure si divertiva. Passa i primi anni della sua vita nutrendosi di cinema-spazzatura, dai film di Celentano Pozzetto Montesano ai Pierini e le commedie sexy, ma a 10 anni la visione de La mia Africa e Speriamo che sia femmina gli cambieranno la vita facendogli scoprire che al cinema si possono raccontare anche cose serie. Passa a vedere di nascosto i film di Dario Argento in tv, per nascondersi dalla paura ogni 2 minuti nella stanza accanto, terrorizzato di essere inseguito da se stesso. Per anni colleziona vhs, originali o registrate in tv, del peggior cinema americano anni Ottanta, con larga preferenza per i thriller dove Glenn Close o chi per lei invade la quiete familiare di Michael Douglas o chi per lui. Parallelamente scopre tutto il cinema della New Hollywood anni Settanta, mentre la visione di C'era una volta in America gli cambierà la vita per almeno un ventennio. S'innamora di La signora della porta accanto di Truffaut e sviluppa una singolare passione per la fase terminale delle carriere di grandi autori (ha adorato incondizionatamente Gruppo di famiglia in un interno di Luchino Visconti e ancora si chiede perché; ama L'ingorgo di Luigi Comencini e sa perché). Mal tollera l'avvento del digitale a scapito della pellicola e soffre molto il passaggio dalla vhs al dvd (per non parlare del blu-ray), tanto da resistergli per almeno 5 anni. Come del resto farà per il passaggio da cellulare tradizionale a smartphone. Capisce quindi di essere un anarchico conservatore. Poi si ricorda che certe etichette le utilizza pure Forza Nuova e si pente. Due settimane in ginocchio sui ceci. A poco a poco la sua si trasforma in una storia di amori fugaci, sempre pronto a innamorarsi dell'ultimo film visto. Tante cose sono cambiate, tanti i film passati sotto gli occhi, aumentati i ritmi di visione e di conseguenza aumentato anche il rischio della dispersione. Adora le contaminazioni tra alto e basso, il cinema sporco e irregolare, i lampi di genialità autoriale incastonati in film alimentari. E' capace di perdersi dietro a una soggettiva ben fatta di Giuliano Carnimeo dimenticandosi tutto il resto del film. Ogni tanto rasenta il revisionismo critico dei numerosi amori passati, e qualche volta scopre che a rivedere certe antiche passioni non prova più la stessa emozione. Oramai la voracità e la curiosità lo conducono da anni verso altri lidi, da Charlie Kaufman al cinema di Hong Kong a Jan Svankmajer a Pablo Larraìn, alla passione sfrenata per il cinema del passato di cui ama riscoprire film dispersi. Niente più Pierino, niente più Glenn Close né Michael Douglas. E neanche Michael Keaton (che di cognome vero fa Douglas) che fa lo sconosciuto alla porta di Melanie Griffith e Matthew Modine. In verità da anni progetta una rianalisi critica di tutto quel filone-thriller americano, così come della commedia di Celentano Pozzetto Montesano & C. Perché in fondo il mainstream anni Ottanta è il grande rimosso cinematografico. Con qualche buona ragione, anzichenò.

Articoli firmati da Massimiliano Schiavoni

I CORPI PRESENTANO TRACCE DI VIOLENZA CARNALE (1973), di Sergio Martino di Massimiliano Schiavoni